COVID - Anche lo stress indotto dalla pandemia può farci ammalare
Ne parla il professor Gianfranco Ferraccioli, internista, immunologo e reumatologo
L’infezione da SARS.COv2 (Covid-19) è una malattia infettiva delle vie respiratorie che ha colpito vasti strati della popolazione senza distinzioni di censo, di età, di sesso. Purtroppo in una piccola percentuale di soggetti produce effetti spesso devastanti, quando non letali, perché può diventare malattia, oltre che polmonare, anche sistemica infiammatoria che colpisce tutti gli organi e gli apparati.
Sono ormai note le ripercussioni sulla salute correlate alla pandemia, soprattutto gli effetti psicologici ed emotivi causati dalla paura per un nemico subdolo, che ci ha sconvolto le esistenze, e dall’angoscia che si prolunga e della quale non si vede un termine.
Si parla meno spesso, invece, dei problemi più specificatamente fisici indotti dallo stato di tensione in cui tutti, chi più chi meno, hanno vissuto e stanno vivendo. Abbiamo allora interpellato il professor Gianfranco Ferraccioli, internista, immunologo e reumatologo consulente al Policlinico Città di Udine ed all’Università Cattolica “Sacro Cuore” di Roma.
Come direttore della Clinica Medica a Udine, come Specialista di Medicina Interna, e Direttore di varie Divisioni Mediche al Policlinico Gemelli, il prof. Ferraccioli si è sistematicamente occupato, con i pazienti e con il personale sanitario, di spiegare in che modo certi tipi di stimoli stressanti a lungo termine possano causare o peggiorare alcuni quadri patologici.
In che modo l’angoscia e la tensione possono provocare disturbi fisici?
L’organismo umano risponde alla paura o agli stimoli spiacevoli o pericolosi con il meccanismo del “FIGHT or FLYGHT” (lotta o fuggi) ereditato dai nostri progenitori di migliaia di anni fa che, dal punto di vista evoluzionistico, si è rivelato molto utile.
In sostanza, se percepiamo un pericolo, adottiamo immediatamente e inconsapevolmente una risposta tesa a rendere il più efficiente possibile il nostro organismo, grazie al rilascio di ormone dalle ghiandole surrenaliche (catecolamine e cortisolo) che a loro volta provocano: aumento della frequenza cardiaca/respiratoria ed i valori di zucchero circolante nel sangue (carburante per l’organismo), aumento della circolazione sanguigna verso gli organi vitali, capacità di ridurre la percezione del dolore per non interferire con la capacità di rispondere in modo tempestivo ed efficace allo stimolo.
In sintesi: se abbiamo paura, scappiamo più velocemente. Si tratta di un meccanismo utile e importante, concepito per gestire situazioni a brevissimo termine (l’aggressione da parte di un animale feroce, per esempio), e che viene chiamato “risposta di difesa allo stress”.
Ora invece siamo davanti ad una costante percezione di pericolo verso qualcosa che fisicamente non vediamo e che continua a persistere, sapendo peraltro che un momento di disattenzione potrebbe esporre noi e gli altri al rischio di contagio. Ecco quindi che le catecolamine ed il cortisolo vengono prodotti non solo in abbondanza, ma anche per tempi molto lunghi, e di conseguenza le reazioni fisiologiche indotte da questi ormoni possono diventare patologiche. Aumentano la pressione e la glicemia aumentano, diminuisce la capacità di respirare correttamente, la soglia di attenzione non si abbassa e quindi si altera il ciclo di sonno e vegli, il sistema immunitario resta sempre all’erta.
Quali sono i tipici disturbi fisici indotti da un eccesso di catecolamine e di cortisolo protratto nel tempo?
Si tratta, per esempio, di cefalea muscolo-tensiva (l’irrigidimento costante dei muscoli del collo causa dolore alla testa anche perché interferisce con la corretta irrorazione sanguigna di questi muscoli), oppure di ipertensione, di peggioramento del quadro metabolico (diabete e dislipidemia), della funzionalità dell’apparato gastro-intestinale (soprattutto gastrite e sindrome del colon irritabile, con compromissione anche seria dello stato di benessere), disturbi del sonno, stanchezza non proporzionale alla effettiva fatica fisica compiuta nella giornata.
Il sistema immunitario tende ad over-reagire, tanto da causare spesso febbricole ricorrenti ed inspiegate se non correttamente inquadrate.
Noto è anche il “risveglio” del virus dell’herpes labiale, che nei periodi di stress fa comparire le classiche vescicole.
A sua volta, la sofferenza e la preoccupazione per questi disturbi aumentano ulteriormente la secrezione di catecolamine e cortisolo, ed il circolo vizioso si autoalimenta.
Come si possono curare questi disturbi?
La premessa fondamentale è che solo il medico di famiglia, che conosce la nostra storia clinica, psicologica, familiare e sociale, ha le competenze per gestire questi disturbi, specie se prolungati. Uno stesso sintomo, ma su due persone diverse, può rappresentare un motivo di preoccupazione oppure la consapevolezza che si tratta di un problema di passaggio, da affrontare con più serenità. Spesso basta questo passaggio a rompere il circolo vizioso di cui parlavamo prima. Ma è soprattutto la parola, l’ascoltare ed il parlare rassicurando che fa la differenza. Purtroppo oggi il tempo che si dedica a questo necessario sforzo di “empatia” è molto limitato.
Quali sono gli “strumenti” in mano al medico?
Per i disturbi “sistemici”, quali ipertensione e diabete, occorre valutare se e come modificare la terapia e gli stili di vita. Spesso è raccomandabile monitorare con più frequenza la pressione, la frequenza cardiaca e la glicemia (tutte attività che il paziente sa gestire in autonomia dopo la necessaria informazione da parte del medico e dell’infermiere).
Per gli altri disturbi più o meno passeggeri, è necessario essere consapevoli che sono molto probabilmente risposte allo stress prolungato e che quindi, con l’abbassarsi degli stimoli, è probabile che regrediscano spontaneamente.
I primi strumenti cui ricorrere sono l’incremento dell’attività fisica (sempre su indicazione medica in caso di malattie sistemiche) e fare più attenzione a quanto ed a cosa si mangia (bisogna evitare pasti pesanti, ridurre gli zuccheri e gli alimenti fritti e ricchi di grassi saturi, limitare l’alcol). Entrambe queste misure terapeutiche possono ridurre lo stato di infiammazione permanente alla base di malattie quali il diabete, con il suo pesante corollario (problemi cardiovascolari, rischi renali e per la vista, ecc..).
I sintomi specifici vanno invece gestiti, quando diventano importanti e continui, sempre con il consiglio del medico, con i farmaci di volta in volta indicati, quali ad esempio gli antinfiammatori/antidolorifici (FANS e paracetamolo in prima battuta) per la cefalea ed i dolori articolari, spasmolitici per l’intestino irritabile, gli antiacidi per il comune mal di stomaco.
Se però il problema persiste, occorre riparlarne con il medico, perché si potrebbe rischiare di sottovalutare stati patologici più seri. Il ricorso alle benzodiazepine va riservato ai soli casi che effettivamente possano rispondere a questo tipo di terapia, che peraltro deve essere prescritta dal medico di famiglia o dallo specialista e che deve essere la più breve possibile, senza aggiustamenti in autonomia da parte del paziente.
Ci sono tecniche che possono interrompere il circolo vizioso che aumenta nel tempo il rilascio di cortisolo?
Sì: al di là degli interventi di tipo psicologico, argomento riservato a psicologi e psicoterapeuti, bisogna cercare di adottare e/o mantenere le buone abitudini di vita e la regolarità delle proprie giornate, a cominciare dall’ora in cui si va a letto ed in cui si sveglia. Muoversi tanto e leggere libri, ascoltare musica e conversare, sono fondamentali esercizi terapeutici, per alleviare lo stress e controllarlo nel migliore dei modi.